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L'Inerbimento è una tecnica di gestione del suolo a basso impatto ambientale adottata per il controllo delle piante infestanti nell'interfila degli arboreti da frutto e dei vigneti e tradizionalmente considerata utile a preservare i terreni in pendio dall’azione erosiva dell’acqua e del vento, causa di perdite di suolo. 

Agronomicamente, l’inerbimento consiste nel mantenimento, nell’arboreto, di un prato costituito da vegetazione spontanea ovvero ottenuto mediante la semina di essenze erbacee.
La crescita del cotico erboso viene regolata con periodici sfalci e l’erba tagliata finisce per costituire uno strato pacciamante in grado di ridurre le perdite d’acqua dal terreno per evaporazione e di rallentare la ricrescita della vegetazione.         

 

 

I benefici immediati dell’Inerbimento sono rappresentati:

  • dal blocco dell’erosione (gli effetti dell’impatto della pioggia e del vento vengono ridotti dal 50 al 90%);
  • dal contenimento delle infestanti (con l’impiego di specie a rapido sviluppo o per effetto allelopatico si inibisce lo sviluppo delle infestanti e la loro moltiplicazione);
  • dalla riduzione per dilavamento dei nutrienti minerali, in particolare dell’Azoto;
  • dalla riduzione dell’impatto ambientale di attività umane sul territorio;
  • nel creare un prato equilibrato e più “naturale” possibile;
  • permettere nel tempo la ricolonizzazione di specie ed ecotipi della flora locale.


L’inerbimento risulta, quindi, essere una tecnica più rispettosa per l’ambiente.

 

Inerbimenti Tecnici

La definizione “Inerbimento tecnico” indica una copertura vegetale di tipo erbaceo perenne, finalizzata non solo a scopi produttivi, ma soprattutto a scopi funzionali e pratici di tipo ambientale, agronomico, estetico, ornamentale. Questi si raffigurano in:

  1. Inerbimenti da usare nell’interfila delle coltivazioni arboree.
  2. Inerbimenti per ripristino ambientale e piste da sci, adatti all’idrosemina.
  3. Inerbimenti per ripristino ambientale.
  4. Inerbimenti per la biodiversità


Gli Inerbimenti per le colture arboree

La semina di essenze appropriate nell’interfila delle colture arboree (vigneti, frutteti, oliveti, ecc.), sta diventando una scelta sempre più diffusa con vantaggi agronomici e ambientali ampiamente dimostrati.

 

 

Benefici dell’Inerbimento interfilare delle colture arboree:

 

  • Riduzione dell’erosione del suolo causata da acqua e vento.
  • Miglioramento della struttura del suolo (migliore permeabilità dell’acqua, migliore aereazione radicale).
  • Migliore capacità portante del suolo (facilita il transito di uomini e mezzi in condizioni sfavorevoli).
  • Incremento della fertilità del suolo (maggiore sostanza organica, aumento di organismi nel suolo, migliore sviluppo radicale).
  • Maggiore biodiversità (attività di organismi utili alla coltivazione: impollinatori, predatori di parassiti, ecc.).
  • Effetto tampone nei confronti dei prodotti chimici usati (fertilizzanti, fitofarmaci).
  • Riduzione dell’uso di pesticidi (secondo il Piano di Azione Nazionale).
  • Miglioramento dell’effetto estetico e paesaggistico e ripristino ambientale.


Le tecniche d'inerbimento si possono ricondurre a due tipi:

 

  • Inerbimento propriamente detto

Il controllo delle infestanti si attua favorendo lo sviluppo controllato di una copertura erbosa, composta da graminacee pratensi poco competitive, regolarmente falciata a 10-15 cm d'altezza.

 

Il cotico erboso migliora e rende più stabile la struttura del terreno conferendo, almeno in parte, le proprietà tipiche di un terreno naturale.  Lo sfalcio regolare impedisce alle piante infestanti di diventare predominanti, ma soprattutto ha nel tempo un effetto rinettante in quanto ne impedisce la fioritura e di conseguenza la moltiplicazione.

 

Questa tecnica, a causa degli elevati fabbisogni idrici, è attuabile solo in ambienti in cui la piovosità o la disponibilità irrigua non rappresentano un fattore limitante. Il mantenimento del prato richiede infatti l'irrigazione di tutta la superficie e in ogni modo causa una competizione per risorse idriche con la coltura arborea incrementando i consumi. In Italia può essere condotto efficacemente solo al nord.

 

Al centro, in caso di disponibilità irrigua, va valutata l'eventuale convenienza economica, mentre al sud e nelle isole la tecnica diventa proibitiva sia per gli elevati costi sia per la ridotta disponibilità irrigua.



  • Inerbimento temporaneo

È una tecnica riconducibile all'inerbimento in quanto pur differendo nei criteri di conduzione ne condivide i principi. L'arboreto è lasciato ad un inerbimento spontaneo nel corso della stagione piovosa, che negli ambienti caldo aridi del sud coincide con i mesi invernali e, quindi, con il periodo di riposo delle piante arboree. Alla ripresa vegetativa si procede alla trinciatura della vegetazione spontanea, unitamente ai residui di potatura, per liberare la superficie dell'interfila e impedire la competizione per le risorse idriche e nutrizionali.

 

I trinciatutto sono macchine adatte alla gestione dei frutteti con i criteri dell'inerbimento temporaneo.

 

Nel corso della primavera possono rendersi necessari altri interventi dello stesso tipo, prima che la vegetazione infestante raggiunga uno sviluppo considerevole, oppure s'interviene con il diserbo. Nel corso dell'estate l'irrigazione localizzata fa sì che nell'interfila lo sviluppo di vegetazione infestante sia assente o contenuto, pertanto in molti casi non sussiste l'esigenza di altri interventi, oppure è sufficiente procedere a diserbi localizzati, generalmente con diserbanti totali (glifosate).

 

Questa tecnica si sposa con l'esigenza di contenere i consumi idrici, pertanto si presta come valida alternativa alla lavorazione degli arboreti nel centro sud in regime di irrigazione localizzata. L'epoca della trinciatura dipende dalla coltura e, naturalmente, dalla regione.


In generale deve coincidere con la ripresa vegetativa e preferibilmente dovrebbe precedere la concimazione: in questa fase il terreno si trova ancora in buone condizioni di disponibilità idrica e le piante erbacee non sono in competizione per le risorse idriche, tuttavia entrano in competizione per le risorse nutrizionali provocando l'assorbimento biologico dell'Azoto e di altri elementi nutritivi. Questo inconveniente in ogni modo è solo fittizio qualora si operi con una concimazione di anticipo che tenga conto della temporanea immobilizzazione biologica degli elementi nutritivi.

L'effetto rinettante del prato sfalciato, nel caso dell'inerbimento temporaneo è surrogato dalla trinciatura e dalla permanenza dei residui trinciati sulla superficie del terreno.

L'inerbimento temporaneo in ogni modo è del tutto incompatibile con i criteri dell'aridocoltura che impongono invece le lavorazioni dell'arboreto allo scopo di aumentare la capacità d'invaso.


La gestione del suolo in corrispondenza delle file si può attuare con diverse tecniche alternative:

 

  • Lavorazione della fila La lavorazione, eseguite con zappatrici rotative munite di tastatore e di dispositivo di scarto laterale, lascia una fascia lavorata che in ogni modo non è interessata dalle esigenze di mantenimento di una struttura stabile come nell'interfila.
  • Inerbimento totale Si attua con gli stessi criteri esposti in precedenza: inerbimento vero e proprio con sfalcio periodico anche lungo la fila, oppure inerbimento temporaneo con trinciatura nell'interfila ricorrendo a macchine munite di tastatore e di dispositivo di scarto laterale.
  • Pacciamatura Consiste nel ricoprire la fascia lungo la fila con un film plastico opaco. Si tratta di una soluzione tecnicamente molto valida ma piuttosto costosa perché il film plastico deve essere sostituito periodicamente ogni 2-3 anni a causa del deterioramento. La pacciamatura ha un ruolo sinergico con l'irrigazione a goccia in quanto impedendo l'evaporazione diretta dal terreno incrementa il risparmio nei consumi irrigui.
  • Diserbo localizzato Consiste nel controllo chimico delle erbe infestanti in una fascia lungo la fila, con l'impiego di un diserbante ad azione residuale oppure di un diserbante.


Proprietà del terreno inerbito

 

Le caratteristiche di un arboreto inerbito sono la risultante del concorso di vari fattori, alcuni positivi, altri negativi. Il predominio degli uni o degli altri determina il raggiungimento con successo delle finalità preposte. Per questi motivi l'inerbimento NON è sempre la scelta tecnica più valida e in determinati contesti è addirittura sconsigliato.

 

In merito agli effetti positivi i principali aspetti sono i seguenti:

  • Aumento della portanza del terreno. La presenza del cotico erboso e la migliore stabilità della struttura conferiscono al terreno una maggiore resistenza al calpestamento causato dalle macchine.
  • Effetto pacciamante del cotico erboso. La presenza di una copertura erbosa ha un effetto di volano termico, riducendo le escursioni termiche negli strati superficiali. In generale i terreni inerbiti sono meno soggetti alle gelate e all'eccessivo riscaldamento.
  • Aumento della permeabilità. La presenza di graminacee prative ha un effetto di miglioramento della struttura grazie agli apparati radicali fascicolati. Questo aspetto si traduce in uno stato di permeabilità più uniforme nel tempo: un terreno inerbito ha una minore permeabilità rispetto ad un terreno appena lavorato, tuttavia la conserva stabilmente per tutto l'anno. La maggiore permeabilità protratta nel tempo favorisce l'infiltrazione dell'acqua piovana, riducendo i rischi di ristagni superficiali e di scorrimento superficiale.


  • Protezione dall'erosione. L’inerbimento protegge la struttura del suolo dall’azione diretta della pioggia e, grazie agli apparati radicali legati al terreno, riduce la perdita di terra fino a circa il 95% rispetto alle parcelle lavorate, consente una maggiore e più rapida infiltrazione dell’acqua piovana evitandone il  ruscellamento.
  • Aumento del tenore in sostanza organica. Nel terreno inerbito gli strati superficiali non sono disturbati dalle lavorazioni pertanto le condizioni di aerazione sono più favorevoli ad una naturale evoluzione del tenore in sostanza organica e dell'umificazione. Questo aspetto si traduce in una maggiore stabilità della struttura e, contemporaneamente, in un'attività biologica più intensa di cui beneficia la fertilità chimica del terreno.
  • Sviluppo superficiale delle radici assorbenti. Negli arboreti lavorati le radici assorbenti si sviluppano sempre al di sotto dello strato lavorato pertanto è sempre necessario procedere all'interramento dei concimi fosfatici e potassici. Nel terreno inerbito le radici assorbenti si sviluppano fin sotto lo strato organico, pertanto gli elementi poco mobili come il Fosforo e il Potassio sono facilmente disponibili anche senza ricorrere all'interramento.
  • Migliore distribuzione degli elementi poco mobili lungo il profilo. La copertura erbosa aumenta la velocità di traslocazione del Fosforo e del Potassio lungo il profilo. La traslocazione fino a 30-40 cm negli arboreti lavorati avviene nell'arco di alcuni anni, a meno che non si proceda ad una lavorazione profonda che avrebbe effetti deleteri sulle radici degli alberi. Gli elementi assorbiti in superficie dalle piante erbacee sono traslocati lungo le radici e portati anche in profondità in breve tempo, mettendoli poi a disposizione delle radici arboree dopo la mineralizzazione.


Fra gli inconvenienti si possono citare i seguenti:

 

  • Maggiore competenza richiesta. La tecnica richiede una certa competenza per valutare il momento opportuno in cui intervenire. Eventuali errori si ripercuotono su un incremento dei costi oppure su un danno da competizione nutrizionale e idrica.
  • Mancati benefici nel periodo di transizione. La conversione dalla tecnica convenzionale a quella della NON coltivazione attraversa sempre un periodo di transizione in cui i benefici sono poco percettibili. In effetti il miglioramento della struttura non è immediato e nel periodo di transizione potrebbero esserci dei problemi derivanti da una minore permeabilità del terreno e da una maggiore diffusione di piante infestanti.
  • Maggiore richiesta di elementi nutritivi. La competizione con la coltura principale per le riserve del suolo, di natura idrica e nutritiva, questi ultimi sono sottratti alla coltura solo temporaneamente. Per questa ragione l’inerbimento richiede una maggiore concimazione, specie nei primi 2-3 anni, stimata in un incremento di circa  il  20% dei principali elementi nutritivi (N,P,K). Successivamente si attiva un ciclo che garantisce comunque l’utilizzo degli elementi nutritivi recuperati dai residui degli sfalci.
  • Accurata sistemazione superficiale del terreno. L'inerbimento temporaneo richiede un accurato pareggiamento della superficie per evitare che il lavoro di trinciatura sia disforme. In caso contrario la trinciatrice asporta tratti superficiali di terreno in corrispondenza dei dossi e controlla male le infestanti in corrispondenza delle depressioni.


  • Maggior rischio d'incendi. La lavorazione del terreno ostacola la propagazione di un incendio all'interno di un arboreto. La presenza di residui trinciati e secchi sulla superficie può rappresentare un possibile mezzo di propagazione.
  • L’aumento di rischi di gelate. La temperatura dell’aria in prossimità della superficie, nei terreni inerbiti, tende ad essere più bassa rispetto ai terreni lavorati.
  • Maggiore suscettibilità agli attacchi di agenti parassitari. Negli oliveti per esempio sono frequenti i casi di filloptosi gravi, nella parte bassa della chioma, dovuti ad una maggiore incidenza di Spilocea oleaginea (Cicloconio o Occhio di Pavone). Nei vigneti di uva da tavola e pescheti sono stati riscontrati incrementi delle popolazioni di tripidi (Frankliniella Occidentalis e Thrips Minutissimus) in concomitanza della fioritura, dovuta al forte richiamo del polline di fiori di colore giallo di molte composite come: margherite, ecc.

 

Importante è il ruolo che esercitano le radici del tappeto erboso nel trasferimento del Fosforo e del Potassio negli strati più profondi del terreno: ciò per effetto delle escrezioni radicali e della sostanza organica rimessa in circolazione col ciclico rinnovamento delle radici.
In altri termini, l’arricchimento di sostanza organica interessa, inizialmente, lo strato più superficiale del suolo per, poi, giungere, col tempo, in profondità.

 

Grazie ai notevoli quantitativi di biomassa, il prato così stabilizzato rende in certi casi superflua la concimazione organica e/o minerale della coltura arborea.


È da notare che l’ampiezza della superficie non inerbita è generalmente del 20-40% della superficie totale e, comunque, in funzione delle caratteristiche pedoclimatiche della zona, dei sesti d’impianto prescelti, dell’età e del vigore degli alberi coltivati e dell’area della carreggiata delle macchine.

 

Prima di realizzare qualsiasi tipo di inerbimento, è, quindi, necessaria un’attenta valutazione di ciascuna situazione aziendale, prendendo in considerazione la natura del suolo, la pluviometria, le produzioni, l’impostazione e le caratteristiche della coltura.

 

Per una buona riuscita del cotico sono necessarie alcune condizioni, tra cui buona preparazione del letto di semina, scelta del momento più favorevole per la semina. I momenti più favorevoli sono da fine inverno a metà aprile ed in fine estate.

 

Così, in caso di pianura fertile, profonda e con disponibilità idrica è consigliabile un miscuglio di: Lolium perenne 70% (Barrage, Sabor) + Poa pratensis 30% (Barzan, Baron) mentre in collina con rischio- erosione, suolo poco profondo e versanti ben esposti, si può procedere con un miscuglio di: Lolium perenne 10% (Barrage, Sabor) + Festuca ovina 57% (Bardur, Hardtop) + Festuca rubra commutata 10% (Bargreen) + Poa pratensis 20% (Barzan, Baron) + Trifolium repens 3%.


Il Trifoglio Sotterraneo (Trifolium subterraneum) trova un utilizzo particolarmente interessante come essenza per l’inerbimento di colture arboree al centro sud, in particolare vigneti, grazie alla tolleranza al semiombreggiamento e all’assenza di competizione con la coltura durante il periodo estivo.

Si differenzia in tre sottospecie:

  1. sotterraneo (ssp. subterraneum): la più diffusa, la meno sensibile al freddo, la più adatta a terreni acidi e sciolti, la più attiva nell’interramento dei semi.
  2. brachicalicino (ssp. brachycalicinum) : più adatta a terreni subalcalini e argillosi, scarsa nell’interramento dei semi.
  3. yanninico (ssp. yanninicum): adatta a zone umide con terreni da neutri a subacidi.

È consigliabile la sola semina autunnale (alla dose di 40 - 50 kg/ha), in quanto con la semina primaverile il trifoglio non riesce a svilupparsi e a disseminare prima della siccità estiva.

L'inerbimento

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